La sua fama si è diffusa ben oltre il territorio luciese, superando il comprensorio e raggiungendo altre regioni, fino ad arrivare, in qualche caso, al di là dei confini nazionali. Il suo corpo incorrotto, custodito in una teca di cristallo, è venerato da quasi quattro secoli nella Basilica Cattedrale di Santa Lucia del Mela. Il protagonista di questa storia è Mons. Antonio Franco, nato da una nobile famiglia napoletana ma vissuto nella più completa povertà e dedizione al prossimo, che è stato Prelato ordinario di Santa Lucia durante gli ultimi anni della sua vita, tra il 1617 e il 1626. Di miracoli compiuti in vita, di grazie e di esempi straordinari di virtù si parlò sin da subito dopo la morte, tanto che il processo di beatificazione e canonizzazione si tentò già dagli anni successivi, ma senza risultati. Anzi, la causa è stata riaperta e interrotta per ben sette volte nei secoli di passati, incontrando ostacoli di varia natura, legati soprattutto alla difficoltà di ricostruire documentalmente alcuni periodi della sua vita.
Quasi 20 anni fa è stata finalmente aperta l'Inchiesta Diocesana di Messina, che in questi mesi è arrivata ad un importante punto di svolta. La causa di beatificazione è infatti giunta ad una fase fondamentale: si tratta della pubblicazione della cosiddetta “Positio”, un documento sulla vita, le virtù, la fama di santità del "Servo di Dio" Mons. Antonio Franco. Una tappa che sta avvicinando di molto la prospettiva della tanto attesa beatificazione. La Positio, un corposo volume di 348 pagine, rappresenta una ricostruzione, condotta su basi storiche e documentali, di tutta la vicenda personale della vita e della santità di Antonio Franco, chiamato “beato” dal popolo sin da subito dopo la morte per le testimonianze di miracoli di guarigione, protezione, aiuti di ogni genere praticati anche in vita.
“La fase più difficile per il postulatore della causa, mons. Luigi Porsi, è stata completare il quadro documentale fornito dalla commissione storica, in particolare per quanto riguarda il soggiorno del Servo di Dio alla corte spagnola” spiega il relatore vaticano, Padre Daniel Ols. Il processo di beatificazione, oltre alla Prelatura di Santa Lucia del Mela, coinvolge l’Arcidiocesi di Napoli, che gli diede i natali, la Diocesi di Aversa, nella quale fu beneficiato, l’Arcidiocesi di Madrid, dove fu Cappellano reale, e infine la Diocesi di Roma, dove visse per un anno da chierico e da Prelato eletto. Le fonti documentali-storiche e le biografie descivono mons. Franco con tutti i crismi di una “santità eccellente”, che nonostante non abbia ancora ricevuto il riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa, ne fa uno dei protettori della comunità luciese.
Ma chi era il "Servo di Dio" Mons. Antonio Franco? Nato a Napoli il 26 settembre 1585 dal nobile patrizio di discendenza francese Orlando Franco, e da Anna Francesca Pisana di Antonio, barone di Pascarella, era terzo di 6 figli. Il 23 Settembre 1602 viene insignito, grazie agli studi umanistici e alle discipline ecclesiastiche, della laurea dottorale in Diritto Canonico e Civile. Prima dei ventun'anni, non avendo ancora l’età canonica per essere ordinato sacerdote, viene trasferito a Roma dal padre per approfondire gli studi ecclesiastici. Non è trascorso neanche un anno quando, per ordine del genitore, lascia Roma per trasferirsi alla Corte Reale di Madrid. Ricevuti gli Ordini Sacri nel 1610, chiede al Re Filippo III di essere ammesso a far parte della Cappella Reale. Dopo una verifica della sua condotta personale e morale, che conferma le sue buone e lodevoli qualità, il 14 Gennaio 1611 è nominato Cappellano Reale. Il Re stesso impara ad apprezzarlo e stimarl0 profondamente, al punto da designarlo Cappellano Maggiore del Regno di Sicilia il 12 Novembre 1616. Un ufficio a cui era connesso anche quello di Abate e Prelato ordinario della Prelatura Nullius di S. Lucia del Mela, dove fa il suo ingresso solenne il 18 Maggio 1617, dopo essersi recato a Roma per compiere gli adempimenti connessi alla nomina, confermata da Papa Paolo V.
Mons. Antonio Franco, umiliando sè stesso davanti a Dio, molto spesso si sottoponeva a grandi penitenze e privazioni. Digiunava totalmente, o se pranzava lo faceva solo a pane ed acqua, mentre sembra che non adoperasse mai il letto, sdraiandosi invece sul pavimento con una piccola stuoia per materasso e una pietra per cuscino. Portava strette ai fianchi due grosse catene di ferro, una delle quali irta di aculei appuntiti. Di quelle due catene una esiste ancora, ed è racchiusa in una cassetta d'argento e vetro che viene custodita nella Basilica Cattedrale e portata nelle case degli infermi per invocare la guarigione, e non sono poche le testimonianze di guarigioni prodigiose.
Mons. Franco si distinse per la premurosa carità verso i poveri, i malati e i deboli, oltre che per la sua attività evangelizzatrice. Morì non ancora 42enne il 2 Settembre del 1626, stroncato dalle penitenze e dalle continue astinenze, oltre che da un oscuro male. Da allora ad oggi, tutti i fedeli dell’antica Prelatura e dei centri vicini presero a venerarlo ed a chiamarlo "Beato". Il nome di Mons. Antonio Franco viene imposto dai genitori ai propri figli al fonte battesimale, ne vengono raccontati i miracoli, i fedeli chiedono la sua protezione. Col passare degli anni, sempre più numerosi sono stati quelli che pregando sulla sua tomba hanno ottenuto, per sua intercessione, numerose grazie. Per la sua beatificazione è stata istituita una Commissione che lavora intensamente, con il sostegno anche economico di tutta la comunità luciese, per ottenere la canonizzazione del "Servo di Dio" presso la Santa Sede.
Testi tratti dal Blog del Mela
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